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lunedì 25 settembre 2023

Viaggio alla scoperta dei luoghi di potere e mistero sulle orme del Mago Merlino



 

La foresta di Broceliande, in Bretagna, è un luogo in cui la leggenda si fonde con l'archetipo mitico che c'è in noi. A ogni stormir di foglie, il vento ci sussurra di fate, streghe e maghi vissuti in quel luogo. Gli alberi ci parlano delle loro vite tumultuose, degli incontri e degli scontri per la vita e per la morte in un’epoca oggi nascosta da un velo di tragico mistero… che però vive ancora accanto a noi, nei nostri sogni, nei desideri che abbiamo di avventura e di scoperta che celiamo nei nostri cuori.

Il nostro itinerario comincia con la ricerca della tomba di Merlino, uno dei maghi per eccellenza del nostro mondo ancestrale: si racconta che proprio qui si innamorò perdutamente di Viviana, la futura Dama del Lago.

Merlino, figlio di una vergine e del demonio, era destinato a divenire l'Anticristo ma fu salvato, o strappato da questo destino a seconda delle interpretazioni, grazie al battesimo impostogli dalla madre. Lui rappresenta l'archetipo dei maghi dall'animo sulfureo, che usa gli uomini come pedine per i suoi scopi; basti pensare alla procreazione di Artù tramite la magia imposta su Uther Pendragon.

Merlino, nonostante tutto, si innamora di una ragazzina. Si tratta di una nobile? Non si sa, certamente né principessa, né erede di aristocratiche fortune. Bella? Sì, ma soprattutto dotata di carattere e di spirito indipendente, probabilmente aveva già pianificato la sua strada.

Fatto sta che Merlino perde il senno, le offre tutto quello che un mago le può dare, ma lei non cede, fino a quando gli comunica il suo prezzo: il segreto della magia! E il grande mago, pur conscio delle conseguenze, cede. E lei, dopo aver appreso i segreti della terra e del cielo, lo inganna! Con un incantesimo relegherà Merlino dormiente in una grotta.

La tomba di Merlino consisteva una “allée couverte”, una sepoltura megalitica di oltre 10 metri datata intorno al 2500 a.C., sotto la quale si diceva ci fosse un tesoro. Nel 1892, il proprietario del terreno lo fece saltare in aria con la dinamite sperando di trovare questo tesoro: ovviamente non trovò nulla. Oggi rimangono i resti delle rocce che componevano il sito megalitico.




 

La fontana della giovinezza

Proseguendo nel nostro cammino nel mito, poco lontano, troviamo la fontana della giovinezza, anche chiamata la fonte di Viviana; quest'acqua era usata per i riti di guarigione e per l'iniziazione nei riti di passaggio. I drudi, durante il solstizio d'estate, la utilizzavano per contare i neonati immergendoli nell'acqua come fosse una fonte battesimale. Quelli che non avevano potuto partecipare al rito tornavano l'anno successivo e, registrati l'anno dopo, ringiovanivano di un anno. Un tuffo potrebbe esserci benefico!

 

La fontana di Barenton

Con qualche anno in meno, decidete voi quanti, proseguiamo verso la fontana di Barenton. In questo luogo si dice che Viviana incontrasse il suo pupillo Lancillotto. Si tratta di una vasca rettangolare con l'acqua gelida; a intervalli irregolari delle bolle salgono dal fondo dando l'impressione che l'acqua bolla. Il fenomeno avviene da tempi immemori, tanto da essere menzionato nel ciclo arturiano.

La sua acqua cura la follia e le pene d'amore; cos'è l'amore se non una follia? Basta vedere la triste fine di Merlino. Gli indovini e le streghe usavano quest’acqua per i loro incantesimi, l'importante era non farla cadere sulla roccia della vasca, in quel caso si scatenava una tempesta. Al termine del fortunale appariva il cavaliere nero guardiano della fontana, armato di tutto punto e pronto alla battaglia.

 

La Valle Senza Ritorno

Noi non siamo pronti allo scontro e proseguiamo, anche se la meta successiva non è certamente molto raccomandabile, infatti già dal nome, la Valle Senza Ritorno, un po' di preoccupazione comincia a serpeggiare. Questa valle selvaggia, incassata tra la folta vegetazione e scavata tra le pietre di scisto rosso, fu per lungo tempo una prigione per i cavalieri infedeli alle loro fanciulle. La fata Morgana decise di imprigionare proprio lì Guiomar, il suo amante traditore, e insieme a lui tutti i cavalieri che tradivano la loro promessa d'amore eterno.

Solo Lancillotto, fedele per sempre a Ginevra, cavaliere dal cuore puro riuscì a rompere l'incantesimo e a liberare i fedifraghi. Che fine fecero le fanciulle tradite non è dato sapere. Ciò che invece rimane a imperituro ricordo sono le due rocce legate insieme a formare quella che è chiamata la roccia dei falsi amanti, che si trova sulla cresta della valle: pare siano Guiomar e la sua amante, sorpresi dall'innamorata Morgana e pietrificati.




 

Lo specchio delle fate

Al fondo della valle troviamo un lago circondato da alberi d'alto fusto, che impediscono al vento di incresparne la superficie. Siamo arrivati allo specchio delle fate. Pare che in questo laghetto dimorassero sette fate, tutte sorelle, al servizio di Morgana.

Ma un giorno fatale una di loro si avvicina a un giovane che si specchia sulla riva, e cosa potrà mai accadere? Ovviamente si innamorano. Per qualche tempo riescono a nascondere la loro storia, ma poi vengono scoperti. La leggenda narra che nei giorni più limpidi e ai cuori puri si mostrino nel lago i volti dei due innamorati, condannati per l'eternità a vivere nel lago.




 

Il Giardino dei Monaci

Proseguendo nella nostra escursione nel mito, passiamo accanto al giardino dei monaci. Si tratta di una costruzione megalitica, un quadrilatero lungo all'incirca 25 metri e largo 5 o 6, datato attorno al 3000 a.C.

Chiamarlo giardino sembra un poco fuori luogo, forse lo era prima, quando i monaci usavano questo luogo per le loro feste, probabilmente non molto monacali. Infatti, si racconta che S. Méen li invitò alla morigeratezza, ma i monaci non lo ascoltarono e, visto il luogo denso di magia, li trasformò in rocce.

 

Il faggio di Ponthus

Sulla via del ritorno passiamo sotto l'immenso faggio di Ponthus; ci sono parecchie leggende che aleggiano attorno alla sua chioma. In una si dice che le sue radici affondano sui resti di un castello distrutto da Dio stesso. Si racconta che il cavaliere di Ponthus, disperato per non riuscire ad avere un erede, si rivolse al cielo gridando disperato: “Ho bisogno di un erede, che mi venga dal diavolo o da Dio!”

Qualcuno lo sentì, perché nove mesi dopo durante una eclissi di luna la castellana partorì. Chi lo esaudì fu il demonio, che fece nascere un piccolo mostro peloso che saltellava tra gli armadi e le cassettiere. L'ostetrica fuggì mentre si scatenava una tempesta che proveniva dall'oceano, la foresta fu risparmiata mentre il castello fu completamente distrutto. Quando questa specie d'apocalisse terminò, al posto dei bastioni c'era il faggio che ancora oggi possiamo ammirare.

Dal seggio di Merlino, una poco confortevole poltrona di scisto rosso che troneggia sulla foresta di Broceliande, possiamo volare con lui sulla schiena del drago. Infatti pare che questo seggio sia incastonato in una costola del mitico drago Kilgharrah, il creatore della spada Excalibur.

 

Ex tenebris ad lucem.

 

Nebbie fatali

alberi che marciano,

acque magiche.

 

È scritto nelle acque,

scolpito nella terra.

 


Contenuto preparato in collaborazione con

BRAN

 

 

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