Cosa contiene, chi l’ha trovato e dove viene conservato
attualmente: tutte le informazioni sull’oggetto magico più famoso del mondo!
C’è
un manufatto che da secoli nutre l’immaginazione di scrittori, artisti, storici
e appassionati di misteri: il Sacro Graal.
Si
tratta di un oggetto legato alla tradizione cristiana e cavalleresca... Ma è davvero così o la sua leggenda è molto più
antica? E dove si trova oggi? È possibile che sia ancora nascosto in
qualche luogo segreto, in attesa di essere scoperto da un prode cavaliere?
In
questo articolo ti racconterò la storia del Sacro
Graal, dalle sue origini ancestrali fino ai giorni nostri. Se vuoi scoprire
tutto sull’argomento, continua a leggere!
Graal: significato etimologico
La
parola “Graal” deriva dal latino
medievale “gradalis”, ovvero “vaso, recipiente”.
Questo termine è entrato poi nel lessico francese, che lo ha
trasformato in Graal.
Che cos’è il Sacro Graal?
Secondo
la versione più conosciuta della leggenda, è il calice (o, in alcune
tradizioni, il piatto) usato da Gesù nell’Ultima Cena.
Ma cosa conteneva il Sacro Graal? Il sangue di Cristo, raccolto
da Giuseppe d’Arimatea ponendo la coppa sotto la
ferita al costato del suo maestro.
La
leggenda di questo manufatto, le cui origini cristiane risalgono al Vangelo
apocrifo di Nicodemo, ha dato origine a molte saghe medievali. La prima opera
di narrativa che ne parla è “Perceval ou le conte du Graal” di Chrétien de
Troyes,
che risale al XII secolo.
In
questa storia non viene spiegato né cosa sia
esattamente il Graal, né che aspetto abbia. Sappiamo solo che è tenuto in mano
da una damigella e che si tratta di un oggetto d’oro, tempestato di gemme
preziose.
Perché si dice “Sacro” Graal?
All’interno
di “Perceval ou le conte du
Graal”, dunque, il Graal non è ancora definito “Sacro”.
È
stato Robert de Boron, nel suo “Roman de l’estoire dou Graal”, a spiegarci che si tratta del
calice che Giuseppe di Arimatea usò per raccogliere le gocce di Sangue del
Cristo crocifisso, sgorgate dalla piaga provocata dal centurione. A questo
punto la coppa, contenendo il fluido divino, è diventata sacra.
Sacro Graal: la leggenda celtica
Sono
stati i poemi medievali a introdurre al grande pubblico europeo le vicende del
Sacro Graal, legandole da un certo momento in poi alla figura di Gesù. Ma da dove proviene l’idea dell’eroe che parte all’avventura
per cercare una coppa o un piatto dal fortissimo potere mistico?
L’origine
si ritrova in numerose leggende pagane. La coppa dell’abbondanza della
tradizione celtica e irlandese, in particolare, è un calice che non si
svuota mai e può assumere anche la forma di un corno, di una sacca o di una
ciotola, a seconda dei miti. È un simbolo del potere
sovrano e della fertilità della terra, assimilabile alla cornucopia
greco-romana.
Nello stesso filone si inserisce Il Calderone di Dagda, una larga pentola perennemente colma di cibo che appartiene al dio della guerra, della fertilità e della magia. Si tratta di uno dei quattro tesori che i Túatha Dé Danann (mitica popolazione della preistoria celtica) portano con sé in Irlanda.
Se
le antiche leggende pagane ti appassionano, nel mio blog troverai una vasta
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se ami leggere romanzi, puoi dare un’occhiata alla
trilogia “Le ombre di Dora”, ambientato in una dimensione in cui la magia è una
realtà quotidiana. Inoltre, uno dei protagonisti è irlandese, particolare che aggiunge un tocco di autenticità all’atmosfera del libro. Se
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sole”!
Il Sacro Graal e Maria Maddalena
Nel
libro “Il sacro Graal” di Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln, un successo
editoriale del 1982 che ha ispirato numerosi altri testi (come il romanzo “Il
codice da Vinci”), il sacro Graal sarebbe il “sang
real”, cioè il sangue dei discendenti di Gesù. Non un oggetto fisico, quindi, ma un segreto a lungo celato nelle
pieghe della storia.
Dopo
la crocifissione, la Maddalena sarebbe scappata dalla Palestina con una barca
insieme ad altre donne citate nei Vangeli e al figlio
nato da Gesù. Sarebbe poi arrivata in Provenza e avrebbe seguito il corso del
Rodano fino a raggiungere i Franchi, discendenti della tribù ebraica di
Beniamino.
I
Merovingi, primi re dei Franchi, secondo questa visione sono stati chiamati “re
taumaturghi” proprio perché avevano il potere di curare i malati con il solo
tocco delle mani, come il Gesù dei vangeli. Questa teoria si basa sulla
famosa leggenda medievale dell’arrivo della Maddalena in Francia, diffusa da
Jacopo da Varazze nella “Legenda Aurea”.
Il Sacro Graal e le crociate
Alcune
opere raccontano come il Graal fosse uno dei tesori da conquistare in Terra
Santa. Vediamone due in particolare.
·
Jacopo da Varazze, nella già citata “Legenda Aurea”, narra che i genovesi
trovarono il prezioso calice durante la prima Crociata (1099).
·
Nel romanzo tedesco del XIII secolo “Titurel il
giovane”, si racconta di come una copia del Graal sia stata rubata dalla chiesa
del Boucoleon durante la quarta crociata. Fu
poi portata a Troyes da Garnier de Trainel, il decimo
vescovo di Troyes, nel 1204. È rimasta a Troyes fino al 1610, ma sembra che sia
poi scomparsa durante la Rivoluzione francese.
Chi proteggeva il Sacro Graal?
Nel
ciclo arturiano, i custodi del sacro manufatto erano i “Re del Graal”.
Il
più famoso di loro è, senza dubbio, il cosiddetto Re Pescatore o Re Ferito.
Viene descritto in maniera differente da vari autori,
ma tutti concordano sul fatto che abbia una menomazione alle gambe o ai
genitali, che lo rende incapace di muoversi agevolmente. La sua lesione,
spesso, rappresenta una punizione per i peccati commessi in passato. In alcune
opere, viene stabilito un parallelo tra la ferita del
Re Pescatore e quella subita da Cristo sulla croce, entrambe inflitte dalla
leggendaria Lancia del Destino. La menomazione del custode si ripercuote anche
sul suo regno, un luogo abbandonato noto come “La terra desolata” o “La terra guasta”.
Il
Re trascorre la maggior parte del tempo a pescare in un fiume vicino al suo
castello di Corbenic. Molti cavalieri erranti si
recano dal lui per tentare di guarirlo, ma solo il prescelto destinato a
trovare il Graal potrà farlo.
Chi trovò il Graal?
Secondo
il ciclo arturiano, il cavaliere che trovò il Sacro Graal fu Galahad, figlio
di Lancillotto ed Elaine di Corbenic (figlia del Re
Pescatore).
La
sua storia è stata raccontata in diversi testi del ciclo arturiano, tra cui il
poema francese “La Queste del Saint Graal” (La ricerca
del Sacro Graal), scritto alla fine del XIII secolo, e “Le Morte d’Arthur” di
Sir Thomas Malory, scritto nel XV secolo.
Secondo
la leggenda, Galahad è stato scelto come il cavaliere perfetto, destinato a
trovare il Sacro Graal grazie alla sua purezza morale. Durante la ricerca viene sottoposto a numerose prove e tentazioni, ma rimane
sempre fedele alla missione, al contrario dei compagni di avventura. Come
premio per la sua integrità, il Re Pescatore lo accoglie nel suo castello, dove
gli consegna il calice.
Dopo
aver visto il Graal, Galahad muore in pace e ascende in cielo con gli angeli, a
testimonianza della sua santità.
Dove si trova oggi il Sacro Graal?
Il sacro Graal esiste realmente? In
molti ritengono di sì, e affermano che nella Cattedrale di Valencia c’è l’unico
Graal ufficialmente riconosciuto dal Vaticano. Ma
quanto c’è di vero in tutto ciò?
L’ipotesi
è stata al centro di dibattiti e controversie tra gli storici e gli
esperti della tradizione arturiana.
Alcuni
studiosi sostengono che il “Calice di Valencia” è una reliquia cristiana autentica,
risalente al I secolo e utilizzata per il culto eucaristico, ma che non ha
alcun legame con il Graal. Altri, invece, mettono in dubbio l’autenticità della
reliquia stessa e la paragonano a coppe simili, conservate in altre parti del
mondo e fabbricate ad hoc per attirare turisti. Altri ancora...
sono pronti a giurare che quello sia l’autentico Graal!
In ogni caso, la Chiesa cattolica
non ha mai emesso una dichiarazione ufficiale sulla veridicità del “Calice
di Valencia”: la questione rimane oggetto di discussione tra storici e
appassionati di misteri.
Articolo
scritto in collaborazione con
Ivana Vele Poletti
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