Nella
pioggerella primaverile —
di certo, è uscito
lo spiritello della pietra.
Shinto
I primi giapponesi credevano che dietro
ogni manifestazione della natura ci fosse uno
spirito, di conseguenza hanno popolato il mondo naturale in cui vivevano di dei
e spiriti, più o meno importanti e rappresentativi
della loro cosmogonia. Ogni aspetto della loro vita si svolgeva a contatto con
il divino che li circondava, per cui elevarono quest'espressione del loro
rapporto con l'invisibile che permeava la natura a un vero e proprio credo: lo Shinto, il cui significato letterale è la via degli dei. In questo sistema di
credenze tutto era vivo e nell'haiku
di apertura di questo articolo lo possiamo leggere chiaramente.
Kami
Il popolo giapponese ha creato attraverso lo
Shintoismo una enorme quantità di divinità chiamate Kami. Più
che divinità in senso stretto erano manifestazioni della forza della natura che
rappresentavano ed erano più o meno potenti. Esempi: lo spirito che si celava
dietro una grande cascata o lo spiritello di una pietra, comunque viva e
facente parte del mondo. Il modello delle credenze dello Shintoismo fa sì che, al di là degli dei creatori e creatrici del mondo, ogni
luogo abbia una spiritualità differente.
Ognuno di questi spiriti veniva
invocato o ringraziato per le proprie qualità: il vento, il fuoco nella propria
casa, lo spirito della pozza d'acqua dove lavarsi. Ogni luogo aveva la propria
forza spirituale con cui convivere, forze che dovevano
essere blandite con uno spirito puro.
Purezza dello spirito
In tutto il Giappone sono stati edificati templi
in onore delle divinità maggiori, meta di pellegrinaggi di purificazione o di
divinazione, cerimonie che con danze rituali invitavano il dio o la dea a
manifestarsi nel mondo. La partecipazione ai riti comuni, oppure la presenza
privata, implicava comunque un rito di purificazione che doveva essere
effettuato prima di passare sotto il Torii, la via d'ingresso che
porta al tempio. Ma questi riti venivano effettuati
anche per le richieste o i ringraziamenti ai Kami
locali, perché il fondamento di ogni rapporto con il divino era rappresentato
dalla purezza dello spirito.
Lo Shintoismo ha rappresentato per la storia del
Giappone un grande momento di aggregazione,
fondamentale per la sua unificazione. Infatti, mitizzando la nascita della
terra del Sol Levante, il primo imperatore si dichiarò discendente diretto
della dea del sole Amaterasu, dichiarandosi così divinità in terra, un
vero e proprio dio vivente e come tale da adorare. In questo ritroviamo una
certa analogia con la prima dinastia di faraoni, in quanto
i primi si dichiararono essi stessi divinità in terra, quindi facenti parte
degli esseri divini, mentre successivamente ne divennero i rappresentanti.
La nascita del Giappone
La nascita del Giappone è dovuta all'intervento
diretto degli dei. A Takamagahara, l'alta pianura dei
cieli residenza degli dei, dai Kami primordiali nacquero
sette generazioni di Kami conclusesi
con Izanagi (colui che invita) e Izanami
(colei che invita): essi furono incaricati di creare il mondo dal caos.
Dal “ponte fluttuante celeste” (Ame no ukihashi)
che collega la dimora degli dei alla terra, con il sale sgocciolante dalla
punta della “lancia gioiello” (Ama no Nuboko),
immersa e ritratta più volte nel caos, formarono la prima isola dell'arcipelago
giapponese. Lì si sposarono con un rito che prevedeva
che a parlare per primo fosse il dio maschile, invece erroneamente parlò per
prima la Dea. La conseguenza fu la nascita di un figlio deforme e senza ossa:
il dio Hiruku patrono dei pescatori e della fortuna,
abbandonato in una cesta e affidato al mare.
I due ebbero un altro figlio che divenne la prima
isola (Awaji) ma si rivolsero ai Kami
nell'alta pianura dei cieli per chiedere altri figli. Gli dei svelarono loro
l'arcano: avevano sbagliato la cerimonia. Allora provvidero a
ripeterla nel giusto ordine ed ebbero altri sette figli a completare
l'arcipelago del Sol Levante. Il carattere prettamente patriarcale dell'origine
del Giappone, dove la prima parola deve essere maschile, non si riflette poi
nella storia. Infatti, leggiamo nelle cronache più antiche di spose e
principesse che hanno guidato più volte la sorte della nazione, sia in prima
persona che guidando i consorti.
Dopo varie vicissitudini, che culminarono in una
andata e ritorno all'inferno in stile orfico, i due sposi si
separarono dando inizio a una faida che portò alla purificazione finale di Izanagi (lo spirito maschile). Da questo presero vita i tre
principali Kami giapponesi: Amaterasu,
l'incarnazione del sole, il fratello Susanoo,
l'incarnazione dei mari e della tempesta e Tsukuyomi
poi sposo di Amaterasu e l'incarnazione della luna. Amaterasu è considerata probabilmente la figura mitologica
più importante e venerata in tutto il Giappone per la sua bellezza e potenza.
Jimmu
l'unificatore del Giappone, nel 660 a.C. ne divenne il primo imperatore,
legittimandosi come erede diretto di Amaterasu. Da
lui discende la stirpe imperiale di origine divina, fino al momento in cui
l'imperatore Hirohito, alla fine della Seconda Guerra Mondiale,
annunciò al popolo di non essere una divinità.
La famiglia imperiale conserva dal momento della
sua investitura divina tre oggetti sacri:
1.
Kusanagi no Tsurugi, la spada che si muove nell'erba, che rappresenta
la virtù del coraggio
2.
Yata no Kagami, lo specchio ottagonale, che simboleggia la saggezza
e la verità.
3.
Yasakani no Magatama, il gioiello a forma di virgola, che rappresenta
la prosperità.
I principali Kami giapponesi
1.
Inari Okami,
una divinità dalle molte facce, infatti è il Kami dell'agricoltura ma anche della forgiatura e
dell'industria. È venerato sia come maschio, che come femmina, che come
androgino, ma un'altra delle sue caratteristiche che lo rende popolare è
l'affinità con le Kitsune, che agiscono come sue
messaggere. Le Kitsune sono volpi che hanno la
facoltà di trasformarsi in esseri umani, riconoscibili dagli occhi azzurri e
dalla coda che devono nascondere nel kimono. Più invecchiano
più diventano magiche, la forza si deduce dal numero delle code, nove pare sia
il massimo mai visto.
2.
Raijin, il
dio del tuono che controlla i fulmini, fa piovere morte e distruzione sul mondo
sottostante. Ha un forte legame con la terra dei morti. Ma
ha anche un aspetto benevolo e si racconta che dove cade un suo fulmine ci sia
un buon raccolto.
3.
Fujin, il
dio del vento, con la sua sacca d'aria muove tutti i venti del mondo, spesso in
coppia con il fratello Raijin. Cavalca una nuvola
avvolto in una pelle di leopardo.
4.
Ame-No-Uzume, la dea Shintoista dell'alba, inventrice e
protettrice della danza e delle arti dello spettacolo. Una
delle serve più fidate di Amaterasu.
5.
Ebisu, il Kami della fortuna e della prosperità, patrono dei
pescatori, rappresenta l'abbondanza del mare.
Eroi giapponesi, tra mito e realtà.
1.
Kintaro, conosciuto anche come golden boy, una specie di Tarzan giapponese perché cresciuto nella natura
selvaggia, pur essendo figlio di una principessa
e di un samurai.
2.
Yamato Takeru, il prototipo del guerriero giapponese, con la spada
Kusanagi e la sua forza proverbiale serviva ogni
desiderio dell'Imperatore. Morì combattendo un Dio senza la spada, confidando
solo sulla sua forza.
3.
Minamoto No Yorimasa, leggendario poeta samurai che uccise il demone Nue che minacciava l'Imperatore.
Questo è solo un piccolissimo esempio della
complessità della mitologia del Sol Levante. Si tratta
di un popolo che nelle sue zone rurali ha mantenuto intatte le tradizioni della
sua cultura millenaria. Anche nella sua arte moderna, attraverso i manga e le
serie animate, riporta alla luce la tradizione dell'antico passato.
"Potesse il filo
della vita da penosi pensieri esser spezzato, non
avrei tessuto questa strascicante filza di anni sul suo telaio."
Dal Genji monogatari
Contenuto preparato in collaborazione con
BRAN
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