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lunedì 1 aprile 2024

Miti e leggende giapponesi

 


 


Nella pioggerella primaverile —
di certo, è uscito
lo spiritello della pietra.

 

MURAKAMI KIJŌ

 

Shinto

I primi giapponesi credevano che dietro ogni manifestazione della natura ci fosse uno spirito, di conseguenza hanno popolato il mondo naturale in cui vivevano di dei e spiriti, più o meno importanti e rappresentativi della loro cosmogonia. Ogni aspetto della loro vita si svolgeva a contatto con il divino che li circondava, per cui elevarono quest'espressione del loro rapporto con l'invisibile che permeava la natura a un vero e proprio credo: lo Shinto, il cui significato letterale è la via degli dei. In questo sistema di credenze tutto era vivo e nell'haiku di apertura di questo articolo lo possiamo leggere chiaramente.

 

Kami

Il popolo giapponese ha creato attraverso lo Shintoismo una enorme quantità di divinità chiamate Kami. Più che divinità in senso stretto erano manifestazioni della forza della natura che rappresentavano ed erano più o meno potenti. Esempi: lo spirito che si celava dietro una grande cascata o lo spiritello di una pietra, comunque viva e facente parte del mondo. Il modello delle credenze dello Shintoismo fa sì che, al di là degli dei creatori e creatrici del mondo, ogni luogo abbia una spiritualità differente.

Ognuno di questi spiriti veniva invocato o ringraziato per le proprie qualità: il vento, il fuoco nella propria casa, lo spirito della pozza d'acqua dove lavarsi. Ogni luogo aveva la propria forza spirituale con cui convivere, forze che dovevano essere blandite con uno spirito puro.



Purezza dello spirito

In tutto il Giappone sono stati edificati templi in onore delle divinità maggiori, meta di pellegrinaggi di purificazione o di divinazione, cerimonie che con danze rituali invitavano il dio o la dea a manifestarsi nel mondo. La partecipazione ai riti comuni, oppure la presenza privata, implicava comunque un rito di purificazione che doveva essere effettuato prima di passare sotto il Torii, la via d'ingresso che porta al tempio. Ma questi riti venivano effettuati anche per le richieste o i ringraziamenti ai Kami locali, perché il fondamento di ogni rapporto con il divino era rappresentato dalla purezza dello spirito.

Lo Shintoismo ha rappresentato per la storia del Giappone un grande momento di aggregazione, fondamentale per la sua unificazione. Infatti, mitizzando la nascita della terra del Sol Levante, il primo imperatore si dichiarò discendente diretto della dea del sole Amaterasu, dichiarandosi così divinità in terra, un vero e proprio dio vivente e come tale da adorare. In questo ritroviamo una certa analogia con la prima dinastia di faraoni, in quanto i primi si dichiararono essi stessi divinità in terra, quindi facenti parte degli esseri divini, mentre successivamente ne divennero i rappresentanti.

 



La nascita del Giappone

La nascita del Giappone è dovuta all'intervento diretto degli dei. A Takamagahara, l'alta pianura dei cieli residenza degli dei, dai Kami primordiali nacquero sette generazioni di Kami conclusesi con Izanagi (colui che invita) e Izanami (colei che invita): essi furono incaricati di creare il mondo dal caos.

Dal “ponte fluttuante celeste” (Ame no ukihashi) che collega la dimora degli dei alla terra, con il sale sgocciolante dalla punta della “lancia gioiello” (Ama no Nuboko), immersa e ritratta più volte nel caos, formarono la prima isola dell'arcipelago giapponese. Lì si sposarono con un rito che prevedeva che a parlare per primo fosse il dio maschile, invece erroneamente parlò per prima la Dea. La conseguenza fu la nascita di un figlio deforme e senza ossa: il dio Hiruku patrono dei pescatori e della fortuna, abbandonato in una cesta e affidato al mare.

I due ebbero un altro figlio che divenne la prima isola (Awaji) ma si rivolsero ai Kami nell'alta pianura dei cieli per chiedere altri figli. Gli dei svelarono loro l'arcano: avevano sbagliato la cerimonia. Allora provvidero a ripeterla nel giusto ordine ed ebbero altri sette figli a completare l'arcipelago del Sol Levante. Il carattere prettamente patriarcale dell'origine del Giappone, dove la prima parola deve essere maschile, non si riflette poi nella storia. Infatti, leggiamo nelle cronache più antiche di spose e principesse che hanno guidato più volte la sorte della nazione, sia in prima persona che guidando i consorti.

 

Dopo varie vicissitudini, che culminarono in una andata e ritorno all'inferno in stile orfico, i due sposi si separarono dando inizio a una faida che portò alla purificazione finale di Izanagi (lo spirito maschile). Da questo presero vita i tre principali Kami giapponesi: Amaterasu, l'incarnazione del sole, il fratello Susanoo, l'incarnazione dei mari e della tempesta e Tsukuyomi poi sposo di Amaterasu e l'incarnazione della luna. Amaterasu è considerata probabilmente la figura mitologica più importante e venerata in tutto il Giappone per la sua bellezza e potenza.

 

Jimmu l'unificatore del Giappone, nel 660 a.C. ne divenne il primo imperatore, legittimandosi come erede diretto di Amaterasu. Da lui discende la stirpe imperiale di origine divina, fino al momento in cui l'imperatore Hirohito, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, annunciò al popolo di non essere una divinità.

La famiglia imperiale conserva dal momento della sua investitura divina tre oggetti sacri:


1.    Kusanagi no Tsurugi, la spada che si muove nell'erba, che rappresenta la virtù del coraggio

 

2.    Yata no Kagami, lo specchio ottagonale, che simboleggia la saggezza e la verità.

 

3.    Yasakani no Magatama, il gioiello a forma di virgola, che rappresenta la prosperità.

 



I principali Kami giapponesi

 

1.    Inari Okami, una divinità dalle molte facce, infatti è il Kami dell'agricoltura ma anche della forgiatura e dell'industria. È venerato sia come maschio, che come femmina, che come androgino, ma un'altra delle sue caratteristiche che lo rende popolare è l'affinità con le Kitsune, che agiscono come sue messaggere. Le Kitsune sono volpi che hanno la facoltà di trasformarsi in esseri umani, riconoscibili dagli occhi azzurri e dalla coda che devono nascondere nel kimono. Più invecchiano più diventano magiche, la forza si deduce dal numero delle code, nove pare sia il massimo mai visto.

 

2.    Raijin, il dio del tuono che controlla i fulmini, fa piovere morte e distruzione sul mondo sottostante. Ha un forte legame con la terra dei morti. Ma ha anche un aspetto benevolo e si racconta che dove cade un suo fulmine ci sia un buon raccolto.

 

3.    Fujin, il dio del vento, con la sua sacca d'aria muove tutti i venti del mondo, spesso in coppia con il fratello Raijin. Cavalca una nuvola avvolto in una pelle di leopardo.

 

4.    Ame-No-Uzume, la dea Shintoista dell'alba, inventrice e protettrice della danza e delle arti dello spettacolo. Una delle serve più fidate di Amaterasu.

 

5.    Ebisu, il Kami della fortuna e della prosperità, patrono dei pescatori, rappresenta l'abbondanza del mare.

 

Eroi giapponesi, tra mito e realtà.

 

1.    Kintaro, conosciuto anche come golden boy, una specie di Tarzan giapponese perché cresciuto nella natura selvaggia, pur essendo figlio di una principessa e di un samurai.

2.    Yamato Takeru, il prototipo del guerriero giapponese, con la spada Kusanagi e la sua forza proverbiale serviva ogni desiderio dell'Imperatore. Morì combattendo un Dio senza la spada, confidando solo sulla sua forza.

3.    Minamoto No Yorimasa, leggendario poeta samurai che uccise il demone Nue che minacciava l'Imperatore.

Questo è solo un piccolissimo esempio della complessità della mitologia del Sol Levante. Si tratta di un popolo che nelle sue zone rurali ha mantenuto intatte le tradizioni della sua cultura millenaria. Anche nella sua arte moderna, attraverso i manga e le serie animate, riporta alla luce la tradizione dell'antico passato.

 

"Potesse il filo della vita da penosi pensieri esser spezzato, non avrei tessuto questa strascicante filza di anni sul suo telaio."

Dal Genji monogatari

 

Contenuto preparato in collaborazione con

BRAN

 

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