Quante Atlantide e quanti diluvi
Come riporta Platone nel “Timeo”
e nel “Crizia”, un noto politico e legislatore ateniese
di nome Solone andò
in Egitto e incontrò degli anziani sacerdoti. Ciò avvenne nella città di Sais, luogo che aveva in comune con la Grecia la dea
fondatrice Neith, omonima della greca Atena; in virtù
di questa felice condivisione, le genti del luogo si sentivano quasi ateniesi.
Durante i colloqui con gli anziani sacerdoti,
Solone si rese conto di quanto fosse ignorante sulla storia antica della
propria gente, tanto che un vegliardo sacerdote gli disse:
“Solone,
Solone, voi greci siete sempre bambini, non esiste un greco vecchio” e
aggiunse “siete tutti giovani nelle
anime, infatti in esse non avete alcuna antica
opinione che provenga da una primitiva tradizione e neppure alcun insegnamento
che sia canuto per l'età...”
Con questo, come poi viene
spiegato più avanti, intendeva dire che i Greci non avevano memoria di tutte le
catastrofi accadute prima delle epoche di cui avevano dei documenti scritti. Anche
dove erano disponibili testimonianze riportate, esse venivano
derubricate a semplici storie o banali leggende da ricordare ai bambini, ai
quali il vegliardo li paragonava. Bambini nel senso che non avevano contezza
degli avvenimenti delle epoche passate, ripartendo da zero dopo ogni
catastrofe, senza testimonianze, né leggi o tradizioni precedenti da seguire.
La verità nei miti
Il sacerdote ricordò a Solone alcune storie
ridotte a mito e raccontate in forma allegorica, per poi svelargli il vero
significato. Fra queste c’è la storia di Fetonte
che, guidando il carro del sole del padre, si ribaltò sulla Terra.
Nel caso di Fetonte, la vera storia era la
deviazione dei corpi celesti che girano attorno alla Terra e che determina in
lunghi intervalli di tempo la distruzione tramite il
fuoco. Lo stesso valeva per la purificazione della Terra da parte degli dei
attraverso l'acqua e, di conseguenza, i diluvi che si erano succeduti nel
tempo.
Questa testimonianza, che troviamo nei due
dialoghi citati in precedenza, ci porta alle parole riportate da chi le ha
sentite dai protagonisti. E qui veniamo ad Atlantide. L'anziano sacerdote mostrò
come loro, essendo stati creati come popolo dalla dea Atena, avessero le stesse
leggi. Tuttavia gli ateniesi dopo l'ultima catastrofe, avendo perso l'arte
della scrittura, dovettero apprendere di nuovo tutto quello che non conoscevano
più.
Il sacerdote proseguì mostrandogli tutte le arti
che avevano prosperato in quella città grazie alle leggi promulgate quando la
città fu edificata. Aggiunse che prima la dea aveva fatto Atene e gli ateniesi,
grazie al seme donato da Gea ed Efesto, e poi era venuta da loro. Lo disse mostrandogli
le sacre scritture tramandate da ben oltre i novemila anni della storia
ricordata oralmente e poi scritta di Atene.
E qui gli racconta le vicende di come l'allora
grande e potente popolo ateniese avesse combattuto e vinto un colossale scontro
con un'altra potenza in espansione protetta da Poseidone.
“E qui ritorniamo agli antichi
racconti dell'Iliade, della Bibbia, dei Veda, degli Egizi, dei Sumeri, dove gli
scontri tra i popoli della Terra erano sempre causati dalla presenza di entità
sovrannaturali, e molto spesso si concludevano con
immani catastrofi, anche nucleari. Come possiamo vedere dai resti vetrificati
dei terreni di alcune città distrutte, dove i reperti di terreno vetrificato
sono stati comparati con quelli degli esperimenti nucleari. In realtà
combattevano tra loro usando i popoli su cui avevano
influenza.”
Il popolo che gli ateniesi sconfissero veniva da
un'isola chiamata Atlantide, che si trovava al di là
delle Colonne d'Ercole. Era più grande della Libia e
dell'Asia messe insieme e da quell'isola se ne potevano raggiungere altre, sino
al continente opposto che circondava il vero mare. Quindi,
già conoscevano anche il continente opposto: le Americhe.
Atlantis e
la sua scomparsa
Fu un grande scontro di influenze, tra dei diversi
che guidavano popoli diversi; Atlantide voleva espandersi al di qua delle Colonne
d'Ercole, Atene si difese dall'invasione. Il risultato finale fu che al
termine della contesa vinta dagli ateniesi, Atlantide scomparve in una notte a
causa di un immane cataclisma e ancora non se ne sono trovate tracce certe, se
non negli scritti.
Naturalmente, pur essendo Platone una fonte
attendibile, abbiamo a supporto anche mappe dell'isola su antichi reperti egizi
distribuiti in vari musei: descritta come l'isola di Atlantis
occupata dal dio Shu, il dio che sostiene ed eleva il
cielo, tradotto dai greci come Atlante.
La città al centro dell'isola aveva il nome di “Kerne” o “Kernea”, che
significava la terra madre, o culla degli dei.
In altre descrizioni vediamo Atlantide disegnata
come più isole concentriche divise da tratti di mare, fino ad arrivare all'isola
centrale vera e propria, e anche la stessa città costruita con struttura
simile. Da qui il nome di Ikent o Akent, isola con una
città a forma di piatto concentrico in cui vive il dio Shu,
tradotta in greco come Kerne.
Mappe e testimonianze
Esistono anche più geroglifici specifici che
indicano un'isola dove vive il dio Shu.
Abbiamo le mappe sui sarcofagi di personaggi
importanti, come generali, capi medici, che rappresentano il viaggio verso
un'isola paradisiaca, con una città concentrica con un trono che galleggia
sull'acqua, come descritto nel “Crizia”.
E. Schliemann, lo scopritore di Ilio (Troja),
scrive nel suo memoriale che nel tesoro di Priamo trovò un grande vaso di
bronzo all'interno del quale c'erano vari altri vasi, piccole immagini e monete
di metallo. Su questi antichi reperti e sul gran vaso c'era scritto in
geroglifici fenici: “Dal Re Chronos di Atlantide”.
Più tardi, visitando la mostra degli oggetti Thiahuanaca
del Centro-America trovò la stessa tipologia di oggetti trovati nel tesoro
di Priamo, soprattutto uno con la testa di gufo. Questi pezzi non avevano
alcuna inscrizione, quindi ricontrollando i suoi reperti
si rese conto che le incisioni fenicie erano state apposte posteriormente.
Quando Schliemann si decise a confrontare e ad
analizzare i reperti si rese conto che l'argilla di cui erano fatti era dello
stesso tipo, ma che sia in Fenicia che in
Centro-America non esisteva. Si trattava di un composto creato da un amalgama
di platino, alluminio e rame mai conosciuto nei resti degli antichi.
E. Schliemann lasciò questo memoriale al nipote, che proseguiva la sua opera. In una nota gli raccomandò di rompere il vaso con la testa di gufo e di investigare nelle rovine Sais. E qui ritorniamo al viaggio di Solone, che si fermò esattamente in quella città costruita dalla dea Atena, protettrice di Atene. Il nipote ruppe il vaso e rinvenne una specie di medaglia o moneta, sul fondo del vaso un'inscrizione in vecchio Fenicio che diceva: “Proveniente dal tempio dei muri trasparenti”. Tra l'altro nella collezione di oggetti del tesoro di Ilio c'era un anello dello stesso metallo. Fra le altre cose rinvenute in quella spedizione, c’era anche un papiro dello storico egiziano Manheto, in cui pone la data di 13.900 anni come regno dei savi di Atlantide.
Quando il nipote, ottenuto il permesso di
scavare nella città di Sais, trovò una collezione di
monete in un sarcofago si rese conto che erano della
stessa fattura di quelle rinvenute nel vaso del nonno. Il sarcofago si rivelò essere
appartenuto a un sacerdote del tempio di Atena fondato, si diceva, da un atlantideo
fuggito con una figlia del Re Chronos,
nient'altro che il nome inciso sul vaso ritrovato nella collina di Hissarlick, a Ilio.
Ricordiamo che a palazzo Besta, nell'antico borgo di Teglio in Valtellina,
troviamo un affresco che rappresenta il mondo, compresa l'Australia, e l'Antartide
colorata di verde come se si sapesse che in epoche precedenti non era coperta
dai ghiacci. Questo affresco è antecedente alla presunta
scoperta di Colombo e copiato da chissà quali mappe, vista la presenza
dell'Antartide.
Come al solito, i
misteri sono sempre più vicini di quanto potessimo pensare.
Mondo sospeso,
Atlante lo sorregge:
perduta forza.
Dalle onde la vita,
sotto l'ignota strada.
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BRAN