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lunedì 25 marzo 2024

Samhain: il cerchio della vita e della morte

 


L'eterno ritorno, inteso come un nuovo inizio, una sorta di rigenerazione della vita nella sua verginità, un ritorno alla nascita primordiale ancora pura, è comune in tutte le culture del mondo.

La diversa modalità delle date in cui viene officiata questa cerimonia, a seconda delle località geografiche, dei calendari, del momento in cui si è posto l'inizio del nuovo anno, non cambia il significato della celebrazione. Quindi significa che il tempo viene considerato con una fine e un nuovo inizio! Una rigenerazione che dà luogo a una nuova creazione, quasi che si voglia annullare la storia pregressa per iniziarne una completamente nuova. La necessità di una morte per poter creare una vita, un cerchio che si chiude per uno che si apre, ma tutto all'interno di un ciclo molto più ampio, l'eterno ritorno, presente in ogni credenza, sia mistica che religiosa, ovunque ci sia la presenza di una comunità.




 

Nel periodo di Samhain, il 31 ottobre, si apre un varco tra i mondi per consentire l'inizio di un nuovo ciclo, si rivelano i Sidhe, le dimore delle fate, e si spalancano le porte di Annwn il regno dei defunti.

Il visibile e l'invisibile si confondono e si riconoscono, per costruire il nuovo bruciando il vecchio. Tutti i fuochi vengono spenti per simboleggiare l'oscurità dell'inizio, l'assenza della vita, poi Ex tenebris ad lucem, tutti i fuochi vengono accesi e la luce della rinascita porta il nuovo ciclo.

Nei tempi in cui la sopravvivenza degli uomini dipendeva in larga misura dai raccolti, essendo la terra a riposo in quel periodo, la festa durava svariati giorni, prima e dopo Samhain. Certo è che durante lo spegnimento dei fuochi e il via libera agli spiriti dei morti e alle fate, le persone non festeggiavano in pubblico, ma era una celebrazione riservata ai vari clan che si chiudevano in casa.

Solo i druidi si riunivano sotto le querce sacre, nelle radure, oppure all'interno dei megaliti lungo i ley dove scorre l'energia della Terra, e lì celebravano i loro riti propiziatori. Venivano effettuati riti magici e divinazioni sul futuro, mentre i morti potevano prender possesso dei corpi dei viventi. I druidi ne approfittavano per scambiare messaggi con l'aldilà, che in quel momento era in diretto contatto con loro. Da qui l'usanza di mascherarsi per non farsi riconoscere dagli spiriti. Infatti, le fate e i folletti del piccolo popolo lusingavano le genti per portarle con loro nelle Faerie Hills, le colline fatate, e rimanere con loro fino al prossimo Samhain.

 

La celebrazione di Samhain terminava con dei sacrifici augurali di animali a Dagda e alla Morrigan sua sposa, trasformando il rito in una festa per la fertilità della terra, e non solo. Dagda, un dio quercia, e la Morrigan, la dea corvo, rappresentano il ciclo annuale della vita. La Morrigan non è altro che una delle personificazioni della dea madre, che vedremo nelle sue diverse vesti attraverso i cicli della vita. La triade Brigid-Diana-Morrigan, la fanciulla, la donna, la vecchia, ma non solo, come Morrigan è considerata la regina delle streghe, delle arti magiche intese come rinnovamento e crescita spirituale. Si racconta che rapisse dei bambini per istruirli, restituendo al mondo dei cavalieri. Ma il rapporto simbolico più attinente al Samhain è l'unione sessuale tra lei e Dagda che la feconda e termina così il suo ciclo, per poi rinascere dalla Morrigan a Yule (Diana nella mitologia Irlandese partorisce Dagda).

 

Nell’antica Roma

Come possiamo intuire, i corvi non sempre rappresentano un simbolo di sventura, ma con la Morrigan assurgono a portatori della speranza della rinascita. Anche Svetonio li dipinge come emblemi della speranza, infatti il loro verso ripetuto: cras, cras, cras, si traduce dal latino in “domani”, la speranza in ciò che oggi non c'è.

Nell'epoca romana troviamo una ritualità simile per quanto riguarda l'apertura del mondo altro, quello dei morti, e quindi la possibilità che si mischi al nostro, il visibile con l'invisibile, la percezione e la realtà tangibile che si fondono.

 

«Dopo aver delimitato uno spazio sacro a mezzo di due assi ortogonali (quindi disposti a croce) che i Romani avrebbero in seguito denominato Cardo (asse Nord-Sud) e Decumano (asse Est-Ovest), nel punto centrale si procedeva a scavare una fossa che fungeva da legame tra il mondo dei vivi e quello dei morti; questa veniva poi ricoperta da grandi lastre di pietra e insieme alla volta celeste di cui sembrava costituire la controparte fu chiamata Mundus tutt’intorno venivano quindi tracciati i confini secondo i riti prescritti. Era una fossa circolare posta al congiungimento degli assi di decumano e cardo, nel santuario di Cerere e consacrata agli Dei Mani. La fossa era chiusa per tutto l'anno ad eccezione di tre giorni in cui "mundus patet" cioè il mondo è aperto. Infatti il 24 agosto, il 5 ottobre e l'8 novembre il mundus veniva aperto mettendo in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti e degli Dei Inferii che lo abitano. In quei tre giorni le anime dei defunti potevano ritornare nel mondo dei vivi e aggirarsi per la città, un po' come nella festa di Halloween compaiono fantasmi, scheletri e zucche ghignanti».

(W. Keller, “La civiltà Etrusca”, Garzanti)

 

In Messico

In quest'ottica di tempo circolare troviamo anche in Messico il Mictlan, luogo dove riposano le anime, solo quelle che riescono ad arrivarci viste le difficoltà del percorso. Ma anche qui nei giorni dell'anno stabiliti, tra la fine di ottobre e i primi di novembre, questo mondo leggendario apre le sue porte. Per poterle attraversare è necessario essere invitati a farlo da esseri viventi, ma non è sicuro che le anime cercate si trovino lì, visto che è il massimo premio per i trapassati. Una lotta che continua anche dopo morti per superare nove livelli di difficoltà e arrivare finalmente alla pace eterna.


Tradizioni giapponesi

In Giappone ci sono due concezioni diverse che convivono, una legata allo Shintoismo, in cui i morti continuano a essere intorno a noi, l'altra invece più di origine Buddista, in cui i morti proseguono la loro esistenza in un mondo parallelo.

Per coloro che praticano lo Shintoismo, la maniera di comunicare con gli antenati è tramite riti particolari che si svolgono al tempio, o sulle tombe, oppure davanti agli altari di famiglia i Mitamaya. Mentre per i praticanti Buddisti, ma oramai per tutti, una sorta di Halloween, troviamo la famosa festa dell'Obon. La festa dura tre giorni e a seconda della zona ha date leggermente diverse. Il termine Obon è una forma abbreviata di Urambon'e, un termine sanscrito di un antico sutra dedicato alla pietà filiale, perciò agli antenati e agli esseri infernali, che significa letteralmente: a testa in giù. Infatti questo rito nasce per salvare una persona cara dal Karma negativo che ha accumulato durante la sua vita, rinascendo per punizione in un essere inferiore. Da qui le famose lanterne davanti a casa per guidare lo spirito del defunto verso i suoi cari, oppure posate nell'acqua o fatte volare in modo che gli spiriti dei defunti ritrovino la strada per il mondo altro. E non ultime le danze per accogliere festosamente le anime dei defunti.




 

In ogni cultura si celebra l'unione tra due mondi paralleli che si aprono, che si ritrovano per poter dare inizio a un nuovo ciclo.

 

Gelido soffio,

anime che vagano

cercando la via.

 

Vortici sulla luna,

corvi ombre di luce.

 

 

Contenuto preparato in collaborazione con

BRAN

 

lunedì 18 marzo 2024

Huginn e Muninn: simboli del dio corvo Odino



«Huginn e Muninn
volano ogni giorno
sopra la vasta terra,
io temo per Huginn
che non torni indietro,
ma temo per Muninn ancor più».

Tratto dall'Edda


Questi corvi sono molto spesso raffigurati insieme a Odino. Per esempio, li troviamo nell'arazzo di Oseberg, rinvenuto all'interno di una nave vichinga usata come sepolcro e ritrovata nella omonima località vicina al fiordo di Oslo. In questo arazzo possiamo vedere due corvi appollaiati sulle spalle di Odino mentre gli portano notizie dai nove mondi, dove solo loro possono accedere.

La tradizione orale

Come in tutte le grandi epopee sulla nascita del mondo con i suoi dei ed eroi, anche quella norrena è sostanzialmente narrata in maniera poetica. Attraverso la poesia tramandata dagli scaldi, come i bardi della cultura druidica, conservavano la loro cosmogonia, generazione dopo generazione, attraverso memorie orali. Non confondiamoli con dei semplici cantastorie, o trovatori o menestrelli, per diventare uno scaldo o un bardo era necessario sapere a memoria e interpretare il significato segreto di tutta la storia conosciuta. E questa impresa non era certamente alla portata di tutti, necessitando anni e anni di studi, compreso l'uso e l'interpretazione delle rune o della scrittura ogamica, e numerosi esami fino all'investitura del titolo, che non era altro che un passo verso il titolo di maestro.

La sapienza di uno scaldo, o di un bardo, risiedeva nella conoscenza totale di tutto quello che riguardava la vita, quindi erano dei guaritori, dei giudici, degli agronomi, perché conoscevano ogni cosa dal momento della nascita del mondo. Anche quando fu consentito di scrivere per semplificare le cose, vista la mole di materiale, non cambiò poi molto. Infatti, fu divulgato ciò che non era considerato segreto, mentre il resto fu celato all'interno delle storie stesse, una specie di doppia, a volte tripla scrittura che necessitava di una chiave di lettura, mentre i contenuti più esoterici rimasero solo orali e destinati ai soli maestri.





Le divinità

I corvi assurgono nell'immaginario vichingo il simbolo della presenza di Odino, delle creature magiche, potenti, che grazie alla magia del loro dio portano sogni, visioni, rispondono a suppliche. Ma controllano anche quello che gli uomini fanno; gli dei sono personaggi permalosi e oggi sono con te… domani chissà. E qui troviamo molte analogie con gli dei greci, sia per quanto riguarda i messaggeri divini, sia per le diatribe continue tra di loro, lotte intestine che si riflettono sui popoli che ne invocano la protezione.

I corvi

Questi grandi uccelli dall'aspetto sinistro, sia per il colore che per il gracchìo inquietante, sono in grado di sorvolare e controllare tutta Midgard” in un solo giorno. Midgard è il mondo degli uomini, uno dei nove mondi che sostiene Yggdrasil l'albero della vita.

Gli sciamani nelle loro trance ricevono i messaggi di Odino attraverso i corvi, visioni e interpretazioni che guidano verso nuove terre, verso guerra e morte, nuovi re o vecchie faide. Ma la magia ha sempre un prezzo da pagare e, anche il potente Odino, sa che usando una parte di sé per portare i messaggi attraverso i corvi, che sono il suo pensiero e la sua memoria, corre il rischio di perdere una parte di sé e con essa i corvi.

Nella lingua norrena Huginn significa pensiero, mentre Muninn memoria o mente, nei loro viaggi di fatto rappresentano il pensiero e la memoria di Odino.

Poiché il dio per acquisire la conoscenza è diventato orbo e smemorato, i suoi messaggeri volano per i mondi raccogliendo informazioni che poi gli comunicano, come raffigurato nell'arazzo, ma anche in innumerevoli saghe e canzoni. Uno dei compiti dei due corvi è selezionare i guerrieri morti in battaglia, infatti le valchirie sono spesso raffigurate come corvi. Muninn pare si occupasse dei guerrieri morti in battaglia, mentre Huginn degli impiccati. In ogni caso, metà dei guerrieri sarebbero andati nel Valhalla con Odino, mentre gli altri nel Fólkvangr, con la dea Freyja, una specie di Valhalla alternativo frutto di un accordo fra i due.

Sacrifici rituali

Il blot, nella tradizione norrena il sacrificio rituale di sangue, era effettuato soprattutto nelle grandi feste propiziatorie, effettuato da un sacerdote affiancato da una volva, una sciamana. A volte si faceva in forma privata, sempre con la presenza della volva, ma la sostanza della cerimonia non cambiava.

Dopo aver svolto il rituale, con le invocazioni a Odino, venivano sacrificati degli animali il cui sangue veniva cosparso sull'altare, poi sugli officianti e i presenti e, infine, bevuto. Al termine del rito sacrificale le bestie sgozzate venivano cotte e mangiate, la cerimonia si trasformava poi in una festa. Per capire se le invocazioni e i doni erano stati graditi dalla divinità si attendeva che i corvi si facessero vedere durante la cerimonia, oppure comparissero nelle visioni della volva.

 

Il concetto di Fylgja nella mitologia norrena, ma presente anche nella narrazione di ogni religione o leggenda, è uno spirito che ci accompagna nella vita e si palesa al momento della nostra morte. Può essere un antenato come nello Shintoismo giapponese, un angelo come nel Cristianesimo, un mu'aqqib, per una persona che segue l'Islam, un animale totemico come tra i nativi americani e gli indios del centro e sud America, o gli Inuit dei ghiacci.

Huginn e Muninn rappresentano i Fylgja di Odino, in quanto lo identificano, sono i suoi messaggeri in tutti i nove mondi della cosmogonia norrena. Odino era così strettamente associato ai suoi corvi che uno dei tanti nomi con cui veniva rappresentato era quello di dio corvo. Huginn, che significa pensiero, qualcosa comunque indipendente dal corpo, portava anche le punizioni di Odino, che puniva a distanza tramite l'apparire del corvo.




 

Sebbene non abbiano mai avuto un ruolo importante in nessuno dei vecchi miti, Huginn e Muninn sono sempre con Odino. Come suoi compagni o come sue estensioni, vanno dove va Odino. Si ritiene che anche alla fine, al Ragnarok, loro saranno lì al suo fianco.

Nere visioni,

dalla cima del mondo:

segnata la via.

 

Dall'albero della vita,

alla morte dei campi.

 

Contenuto preparato in collaborazione con

BRAN

 

 

 

 

lunedì 11 marzo 2024

Fra sogno e realtà

 

 

 

La civiltà, cosiddetta moderna, appare e si sviluppa nella storia come una vera e propria singolarità, rispetto alle epoche precedenti. Un'anomalia dove lo sviluppo e il progresso dell'uomo procedono a senso unico, solo verso la materialità utilitaristica.

L'umanità perde sempre più la sua componente spirituale a favore di una visione esclusivamente materialistica. Lo possiamo constatare ogni giorno, dalle materie scolastiche, alla medicina sempre più orientata verso soluzioni compartimentali, come se l'uomo fosse un'entità suddivisa in schede.

 

Realtà virtuale

Paradossalmente, ritroviamo il mondo dei sogni attraverso la realtà virtuale, soggetta però alle leggi del marketing.

Tutto ciò è l'esatto contrario dei sogni. Il sognare, infatti, non è altro che il mettersi in contatto con il mondo invisibile che ci circonda. Nella civiltà occidentale, da Descartes in avanti la ragione ha preso il sopravvento su qualsiasi pratica spirituale. Da allora la scienza è diventata la religione dei nostri tempi. Dimenticando, o facendo finta di farlo, che l'uomo non è una macchina, ma una fusione di materia e spirito come tutto ciò che lo circonda.

 

I sogni come ponte fra culture

I sogni e le visioni che portano accomunano popoli e culture agli antipodi tra loro, ma solo per la distanza materiale che li separa, non certo per la spiritualità che condividono.

I nativi americani, gli aborigeni australiani, ma in generale tutte le culture che hanno conservato la memoria di sé dai tempi passati fino a oggi, hanno una concezione dell'uomo nella sua totalità. Il rapporto con l'universo che li circonda è paritetico, nella consapevolezza di farne parte, non di esserne uno sfruttatore. Pensiamo al concetto di vivente; per il mondo occidentale laghi, fiumi, montagne, nuvole, semi, bacche, animali, rappresentano un mondo parallelo di cui servirsi. Per questi popoli, invece, rappresentano degli interlocutori, degli esseri viventi con cui interagire attraverso segni, preghiere, sogni.

Il “sempre”

Ogni mattina si rivolgono al mondo invisibile cercando ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere, sentono l'acqua scorrere sotto i loro piedi, ringraziano la natura del cibo che gli ha concesso prendendo solo ciò che serve. Pensiamo alle tribù aborigene che hanno vissuto, e alcune vivono ancora, nell'outback australiano. Tribù che si tramandano la storia del mondo dal suo inizio sino alla sua fine oralmente, dove la concezione del tempo è “sempre”: siamo tutti visitatori di questo tempo, di questo luogo. Siamo solo di passaggio. Il nostro scopo qui è osservare, crescere e amare... Poi facciamo ritorno a casa.

Il tempo, scandito dalla giornata o dall'anno, non ha di per sé nessuna importanza, semplicemente perché viviamo nel sempre. La morte fa parte della vita nel momento stesso in cui l'anima che occupa il corpo si prepara ad occuparne un altro quando verrà il momento. Questi concetti sono comuni in tutto il mondo non occidentale, ma il materialismo connesso con la globalizzazione selvaggia della produzione, e quindi dell'etica del consumo fine a se stesso, si sta propagando anche lì.

Messaggi dal mondo invisibile

I sogni rappresentano la via attraverso la quale mandiamo e riceviamo messaggi dal mondo invisibile, in cui il sempre ci ricorda a chi apparteniamo. Anche qui possono nascere sogni equivoci, maligni, pilotati da forze che lottano contro l'armonia del mondo.

Sognare significa immergersi nel regno delle potenze che hanno creato il mondo, partecipare del mito, dell'archetipo collettivo che ci accomuna. Nelle popolazioni amazzoniche, il sogno diventa portatore di presagi, sia per il singolo che per le scelte di vita della comunità; per le loro interpretazioni ci si affida solitamente allo sciamano.

Lo stesso schema negli indiani d'America, negli Indios del sud e del centro America. Lo stesso fenomeno negli aborigeni australiani, dove pare che avvenga anche una condivisione sia orale, nel raccontare i propri sogni a un personaggio appositamente preposto, sia una vera e propria connessione telepatica.

Presso alcune comunità africane si mangiano erbe o radici espressamente chiamate “medicine del sogno”, come del resto capita in tutto il mondo, per avere sogni profetici, sprazzi di futuro che ne guidino la via. Questo ci fa capire come nelle culture antiche la differenziazione tra realtà e sogno non esista, tutto è reale, la vita che si tramuta in sogno e viceversa.

 

L’acchiappasogni

Da qui nasce la necessità dell'acchiappasogni! Una rete finissima che ci protegge dalle influenze negative, che trattiene tutto quello che ci viene mostrato di maligno, mentre fa passare da un foro centrale i sogni buoni che ci cullano.

Una leggenda di una popolazione del Nord America ci racconta che l'acchiappasogni è stato costruito da una donna ragno; scopri i dettagli nell’articolo “Acchiappasogni: significato e utilizzo di un antico portafortuna”.

Un'altra racconta che lo sciamano di un antico popolo sognò uno spirito sotto forma di ragno che gli spiegava le vie della saggezza. Mentre lo istruiva prese un cerchio di salice, delle piume d'aquila e dei crini di cavallo a cui appese delle perline colorate. E mentre continuava la sua lezione cominciò a tessere una tela all'interno del cerchio. E disse che nella vita in ogni momento ci sono forze buone e forze cattive che ci sussurrano all'orecchio, ma che solo ascoltando quelle buone si percorre la giusta via. Alla fine, quando ebbe concluso la ragnatela, gli consegnò il cerchio, dicendogli di consegnarlo alla propria gente, che potesse sognare e perseguire tutti i propri sogni positivi perché quel talismano avrebbe catturato tutti quelli negativi.

Ancora oggi è tradizione regalare un acchiappasogni a ogni nuovo nato.





Tra gli aborigeni, l'acchiappasogni viene costruito in maniera a dir poco singolare. La persona addetta chiamata “donna dello spirito”, prepara una pelle sottile cucendogli attorno un robusto bordo, facendole prendere la forma di un tamburello. Individuato un boschetto di alberi nani si addentra fino a trovare delle ragnatele, a quel punto cosparge d'olio aromatico la pelle del tamburello e toglie eventuali foglie dietro o davanti alla ragnatela. Quando tutto è pronto, mette il tamburello di pelle tra lei e la ragnatela, poi lo tira verso di sé in maniera che tutti quei fili magnificamente tessuti aderiscano alla pelle del tamburello. "I sogni sono l’ombra della realtà," affermava la donna dello spirito. Tutto ciò che esiste lo si può trovare anche nel mondo dei sogni. Lì ci sono tutte le risposte. Le ragnatele così raccolte venivano utilizzate nel corso di una cerimonia, con danze e canti, in cui la tribù chiedeva all’universo di guidare i suoi sogni. Toccava poi alla donna dello spirito decifrarne il messaggio.

 

Forse, ciò di cui avremmo estrema necessità, è un enorme acchiappasogni che ci liberi dagli incubi che ci attanagliano.

 

Nuvole rosa

sogni che galleggiano,

vie incrociate.

 

Argentei filamenti

cullano neri occhi.

 

Contenuto preparato in collaborazione con

BRAN

 

lunedì 4 marzo 2024

Segni del destino



 

L'albatro vive solamente ai confini della terra:

l'ho saputo da un vecchio marinaio.

 

Tuffa le sue grandi ali nella schiuma del mare

e scivola sulle onde senza mai attraversarle.

 

Discende e risale col mare.

Tace quando il tempo è bello, ma grida durante la tempesta.

 

Come il sogno, è sospeso fra il cielo e l'abisso,

così questo uccello non nuota e non vola.

 

Più pesante dell'aria e più leggero dell'onda,

uccello poeta, uccello poeta, ecco il tuo destino.

 

Ma il doloroso è che pei sapienti

queste sono favole di marinaio.

 

Henryk Ibsen

 

 

I segni costituiscono la materia, il substrato del mondo in cui viviamo e del mondo altro con cui comunque, consciamente o no, veniamo in contatto ogni giorno.

Come in questa splendida poesia di Ibsen, il grande albatro è come un segno che vola ai margini della nostra vita, a volte notato ma non compreso, a volte solamente sfiorato. Nel mare agitato delle sensazioni, dei sentimenti, dei déjà-vu che accompagnano l'intima esperienza del vivere, i segni vengono spesso riconosciuti solo quando una via scartata in passato si ripresenta come l'unica via.

Nessuna verità si scopre e nulla si apprende, se non interpretando e decifrando il mondo che ci circonda, e che interagisce nel profondo del nostro essere. La pluralità dei mondi possibili consiste nel fatto che i segni non sono tutti dello stesso genere, da qui la difficoltà sia nel riconoscimento che nella loro interpretazione. Ciò ne impedisce una razionalizzazione, di conseguenza è impossibile analizzarli in una base comune condivisa; segni apparentemente uguali possono avere esiti contrapposti


Tiziano Terzani e l’indovino cinese

Nel 1976 lo scrittore e mistico Tiziano Terzani si trovava a Hong Kong, per una serie di circostanze si ritrovò da un indovino cinese, un segno? Sicuramente sì. Infatti, trovandosi lì, decise di dare retta all'universo che gli mostrava quella via. L'indovino gli predisse che nel 1993 non avrebbe dovuto volare, in caso contrario avrebbe corso un rischio molto alto di morire. Terzani, evidentemente colpito, non scordò le parole dell'indovino e in quel 1993 non volò, e fece bene! Nel marzo di quell'anno, un elicottero dell'ONU con 23 giornalisti a bordo cadde e un tedesco che aveva preso il suo posto morì.

Il secondo aspetto fu il cambiamento di prospettiva dei suoi reportage. Tutto quell'anno, e poi spesso nei successivi, si spostò in treno, in bus, in nave e a piedi, in modo da sperimentare un diverso palcoscenico.

 

Il caso di S. Francesco

Sicuramente siamo di fronte a un segno, non cercato e forse nemmeno riconosciuto fino all'esito finale. Abbiamo invece un segno cercato, probabilmente un caso di divinazione, ma sempre un segno, nella svolta nella vita di S. Francesco. Francesco, in rotta con la società dei suoi tempi, corrotta e libertina, vagava nei boschi attorno ad Assisi interrogandosi, chiedendo al Signore un segno che gli permettesse di capire la strada che doveva intraprendere. Fino a che un giorno decise di interrogare il Vangelo per ricevere da Dio le risposte che andava cercando. Prima chiese al Signore cosa voleva che lui facesse, poi per tre volte aprì a caso il Vangelo a occhi chiusi, puntando il dito sulla pagina aperta. Ottenne tre risposte:

«Se vuoi essere perfetto va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri»

«Non prendete nulla per il viaggio»

«Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso»

In base a quei segni, in questo caso richiesti, cominciò la vita del Santo.


 

È un segno del destino!

“È un segno del destino”: quante volte ci siamo detti o abbiamo sentito dire, a proposito di determinati avvenimenti, questa frase? Corridori ciclisti a cui scoppia un copertoncino in discesa e si salvano per un pelo; la volta successiva, mentre vanno a una gara, rompono il camper prima di arrivare, quando arrivano è tardi per l'iscrizione. Sarà un segno? È forse ora di smettere prima che succeda qualcosa di più grave?

Probabilmente, non diamo importanza ai segni che l'universo ci manda perché nella nostra civiltà occidentale viviamo immersi nel concetto di causa=effetto. Ma sarà sempre così? Non ci sono eventi acasuali? Eventi predetti da segni di cui ci rendiamo conto a posteriori, oppure da sogni, attraverso la nostra connessione con il mondo invisibile che ci circonda. Un inconscio collettivo che ci permette di avere contatti con persone che non vediamo da tempo, e che rivediamo dopo averle pensate da un giorno all'altro.

 

I popoli antichi, ma anche i nativi americani, ancora oggi gli aborigeni australiani, le tribù africane prima di essere colonizzate, possiamo dire tutti i popoli che vivevano la natura come parte di se stessi e viceversa, si affidavano ai segni. Oggi abbiamo perduto la capacità di leggere e interpretare i segni che ci manda il mondo invisibile? Oppure le nuove tecnologie, da cui siamo sempre più dipendenti, ci allontanano sempre di più dalla madre terra e dalle sensibilità ancestrali?

Il nostro vanto è il libero arbitrio, la facoltà di poter scegliere la nostra via nel mondo, ma forse è proprio questa supposta possibilità (peraltro sconfessata da Arthur Schopenhauer nel suo saggio premiato dall'accademia norvegese: sulla volontà del volere umano. Saggio presentato in incognito) che ci allontana ancor più dal riconoscere i segni del destino.

Un Maestro di saggezza interrogato su questo argomento rispose che: «Il libero arbitrio è il tempo. Il tempo che ci vuole all'uomo capace di dire sempre no, (ai segni del destino) per più vite, al compimento di quello che dovrebbe essere il suo destino, a cambiare finalmente idea e dire sì» (Accettandone i segni).

 

I segni nella religione

Nel Corano c'è una sura che recita testualmente: «La saggezza di Dio ci manda i segni che dall’eternità scendono in Terra. Sono come lettere vive, che per essere capite richiedono saggezza e intelligenza».

 

Nei veda indiani troviamo:

«Immaginate che ogni volta che cercate qualcosa, l’Universo vi fornisca indicazioni utili, sotto forma di coincidenze.

Immaginate che esista un significato o uno scopo per tutto ciò che accade e fate.

Immaginate che la vita sia piena di coincidenze.

Immaginate di vedere il significato nascosto di ogni evento.»

 

Anche nei vangeli cristiani c'è solo l'imbarazzo della scelta, vediamo solo questo passo nel Vangelo di Marco (16, 15-20). Dopo la sua morte Gesù appare ai discepoli e dice: «Andate in tutto il mondo e predicate […] E vi darò dei segni, delle indicazioni, per mostrare che io sono vicino a chi opera nel mio nome...».

Naturalmente, per i credenti tutto si rifà al dio della propria religione, per coloro che invece non lo sono, ma pensano di far parte del tutto, i segni fanno parte dell'universo al momento invisibile. Per coloro che invece credono solo nella tecnologia:

 

Spesso, per divertirsi, uomini d’equipaggio
catturano degli albatri, vasti uccelli dei mari,
che seguono, compagni indolenti di viaggio,
il solco della nave sopra gli abissi amari.

Li hanno appena posati sopra i legni dei ponti,
ed ecco quei sovrani dell’azzurro, impacciati,
le bianche e grandi ali ora penosamente
come fossero remi strascinare affannati.

L’alato viaggiatore com’è maldestro e fiacco,
lui prima così bello com’è ridicolo ora!
C’è uno che gli afferra con una pipa il becco,
c’è un altro che mima lo storpio che non vola.

Al principe dei nembi il Poeta somiglia.
Abita la tempesta e dell’arciere ride,
esule sulla terra, in mezzo a ostili grida,
con l’ali da gigante nel cammino s’impiglia.

Charles Baudelaire

 

I segni sono come il poeta, ignorati, derisi e calpestati da uomini dispersi nel mondo digitale!

 

Contenuto preparato in collaborazione con

BRAN